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giovedì 1 dicembre 2011

Le parole che non ti ho detto te le dico un'altra volta. Ora senti a me.

E' stato mentre camminavo che mi è venuto in mente cosa ho sognato stanotte: io che canto Strangers in the night e ad un certo punto non ho più voce. E mi sforzo perché ci sono un milione di persone accorse da tutto il mondo (io sono egocentrica ed esagerata), ma, nonostante i tentativi di gridare a costo di stonare, non si sente niente manco col microfono. Zero.
Questi sogni notturni non prendono vita nelle mie giornate ma io voglio dar loro una voce, cioè quella che stanotte mi è mancata. Ho capito subito la connessione astrale: devo scrivere un oroscopo che si chiama Le parole che non ti ho detto. Buona idea no?! Però devo ancora metabolizzare i messaggi cosmici celesti, quindi oggi racconterò un pezzetto di un viaggio strepitoso a bordo di un treno, viaggio che mi vedeva protagonista un anno fa e di cui ora sono il narratore numero 1. Sarà a puntate perché è un racconto lungo, ma prima della fine del mio racconto arriverà l'oroscopo Le parole che non ti ho detto. Ho deciso di alternare oroscopo a qualche altro concetto che mi frulla per la testa per due ragioni:
1) per non essere catalogata irrimediabilmente come astrologa a tempo pieno;
2) per non vivere troppo a briglia sciolta perché quando mi vieteranno di farlo lo accuserò meno.
Il viaggio in questione, indovinate un po', è ambientato in Africa. Ed è un viaggio di oltre 50 ore che inizia dallo Zambia e finisce in Tanzania. In realtà non finisce e ve lo dimostrerò. Si chiama Vampirimposhi e il perché non lo so manco io. Però mi sembrava un bel modo per inaugurare il quadernino che avevo a disposizione. C'è una piccola premessa da fare:

Non è stato facile per me prendere e salire su quel treno. Non parlo  di una freccia rossa qualsiasi che in tre ore ti recapita da Roma a Milano che nemmeno hai finito di leggere il giornale. Ma di uno di quei treni africani, che non sai con quante persone – ohmiodio – dividerai lo scompartimento, quando arriverai e se mai lo farai, che tipo di animali domestici troverai in corridoio e quale sarà la condizione del bagno. Dubbi legittimi. Io, occidentale vagamente viziata e esasperatamente claustrofobica, su un treno così non volevo salire. Avrei voluto essere contenta di farlo come tutti quelli che lo facevano, ma ero assorta nel più profondo silenzio, speranzosa che per qualche ragione il treno non partisse più. In Africa succede sempre. Che pensi una cosa e succede il contrario. E alla fine gli orari gli appuntamenti e tutto il resto sono sempre un terno al lotto, perché i programmi cambiano con molta più facilità e non c’è ragione per cui la gente si arrabbi. “Ci scusiamo con i gentili viaggiatori, ma il treno, per supreme ragioni divine, non partirà. Per tutti i gentili viaggiatori la compagnia Tazara ha prenotato un volo di linea che in tre ore vi porterà a destinazione”. Invece niente. Quel giorno in Africa tutto funzionava. E con lo zaino sulle spalle, con il peso della prigionia che incombeva sulla mia giovane età, ero in coda ad aspettare di salire nei vagoni di prima classe. I viaggiatori di seconda e terza classe sarebbero saliti altrove e solo Dio sa dove avrebbero messo tutti i loro bagagli. Più che spostamenti da un luogo ad un altro i loro sembrano veri e propri traslochi da un pianeta all’altro. Niente valigie, poi, solo buste e scatoloni e buste e bambini con bustine e piccole scatole. La questione viaggiare leggeri o solo con il bagaglio a mano, per me  tanto essenziale, a quanto pare per loro è solo una stronzata. Beati. Sì, beati loro. Che, ormai lo sanno tutti, non hanno nemmeno un centesimo di quello che tu hai e sono milioni di volte più felici di te. Rassegniamoci. Il progresso ci ha fottuti. Salire sul treno ormai si deve, se non altro per imitarli e magari ottenere un pezzetto di quella felicità inspiegabile che a noi sembra ogni giorno più irraggiungibile.
Impazzirò, pensavo. E lo farò prima di tuffarmi nell’Oceano Indiano.Impazzita, poi, non sono impazzita. Mi sono messa a scrivere e a farlo con la stessa cautela che si usa quando ci si avvicina ad una persona imprevedibile, con la libertà di saltare da un argomento all’altro, con la cautela di qualcuno che cerca di essere convinto di fare qualcosa, ma non sa cosa sta facendo. Una cautela sincera, che poi ha lasciato il posto al delirio del rumore, al silenzio dei pensieri più intimi, alla delicatezza di un amore comune, alla condivisione di una bellezza abbagliante. All’assurdità di un’ambizione che prende vita e che non riesci più a fermare. E tu non c’entri più niente, perché lei cammina con le sue gambe e tu non ne hai più bisogno, di lei, perché non ti servono altre conferme. La conferma è stare sul treno a scrivere per 50 ore. A capire il valore del tempo che ultimamente se ne va via più veloce. E non lo hai scritto, non lo hai danzato, non hai cercato di fermarlo in nessun modo. La certezza è scendere sapendo che si è rimasti là, a farsi innamorare dalle strane idee da supereroi che non hanno bisogno di ali per volare.

Vampirimposhi

07.12.2010 Kapiri Mposhi - Zambia. Sul treno. Destinazione Dar es salaam. Il treno ci ha appena portato fuori dalla realtà. Tutto questo è claustrofobico e insensato. Come si può decidere di fare una cosa del genere? Avrei benissimo potuto scegliere di prendere un aereo e arrivare a Stone Town in un'ora. Godere di due giorni in più di Oceano Indiano invece che scegliere di accamparmi su un treno per due giorni. Che poi è il tempo che dovrebbe metterci sulla carta. La realtà, poi, è un'altra cosa. Soprattutto qua. Ciò significa che si potrebbe scendere anche dopo 60 di ore, o 55, o 49. Ecco cosa cambia quando sei in Africa: che 44 ore, o 47 ore, o 60 ore, 50 ore, sono più o meno lo stesso. Cambia che le grandi cose sembrano sfumature e le sfumature grandi cose. 

Scenderò dal treno giovedì - inshallah -  e scenderò diversa. Nel frattempo Fausto mi penserà preoccupato. Non vedrà l'ora che lo chiamerò per dire "tutto ok". Passerà queste ore a documentarsi su internet sulla qualità dei treni zambiani e probabilmente resterà deluso. Ma non si può essere tutti contenti nello stesso momento. Me ne sono fatta una ragione anche io. E pensare che il viaggio per Zanzibar è il loro regalo di compleanno. Sono certa che ora pensa a quanto sarebbe stato più saggio anche se meno solidale regalarmi una handbag di coccodrillo. 
Questo non ha importanza, quello che importa è che stiamo in treno, sulla linea Tazara per la precisione, che percorre un totale di oltre 1.800 km da Kapiri Mposhi in Zambia a Dar Es Salaam in Tanzania (da qui la sigla tazara Tanzania Zambia). Costruita nei primi anni ‘70, è stata la principale via per l'esportazione del rame estratto in Zambia. Poi, con la caduta del regime dell’apartheid in Sudafrica, molto di questo traffico è stato dirottato verso i porti meridionali del continente. Dopo circa 2 ore di viaggio, mi sento assai frastornata. Soprattutto dal saluto con Mongu, capitale della western province zambiana dove ho lavorato per un anno in attività di sensibilizzazione su tematiche ambientali nelle scuole e nelle stazioni radio all'interno di un progetto ambientale dell'organizzazione Celim finanziato dal Ministero degli Esteri. 
Riciclaggio creativo, era questa la mia missione laggiù. Io e un team superfigo insegnavamo ai bambini come fare i giocattoli con la carta dei biscotti e con le scatole dei cellulari. Scrivevo favole che raccontavano di alberi magici e strepitosi per convincere quegli adorabili bambini scalzi a rispettare la natura. Raccontavo loro che in Italia non ci sono i leoni e nemmeno le scimmie: questa notizia triste li faceva ammutolire. Spiegavo loro che è per via del clima differente che quegli animali in Italia non ci vivono bene. Ma le associazioni di idee dei bambini sono molto più interessanti di quelle degli adulti. Ma sono anche molto più difficili da modificare. Per loro io ero la bianca che vive in un paese noioso senza ruggiti notturni. E poi quella che implora di non lanciare le bottiglie vuote in mezzo alla strada. Morale: per paura che i leoni potessero sparire dallo Zambia pulivano la scuola e anche il cortile di casa. I professori mi erano grati per aver ampliato quelle giovani vedute e volevano che andassi a scuola ogni giorno. Io spiegavo che non era possibile, ma che sarebbe stato compito loro continuare a coltivare quel promettente buonsenso. Loro mi davano ragione. Fine della questione. (Per i più motivati o per chi vuole capire meglio di cosa parlo, consiglio un video che per il momento non riesco a caricare, ma che riuscirò a caricare presto. Senz'altro prima dell'oroscopo).

Un anno vola, ma ti lascia il tempo di insediarti anche se in un posto assurdamente sabbioso, incredibilmente isolato, popolato dai lozi che vogliono rendersi indipendenti dal resto del paese. Prima di lasciare Mongu ho nascosto le lacrime nella fretta di chiudere le valigie senza farle esplodere. Ho cercato l'equilibrio nel delirio di un arrivederci fatto di doni e promesse. Ho trovato solo il posto nella valigia per portare con me la gonna da makishi che Zizu, grado 8 della scuola di Kalangu, mi ha regalato per il compleanno. E' già qualcosa.
Follow the rabbit. Il treno Kapiri-Dar parte una volta a settimana. Tutti i martedì, oltre al treno, si mette in moto una dimensione parallela: si comincia dalla stazione dei bus di Kapiri-mposhi dove tutti i tassisti cercano il più attraente mukua (uomo bianco) da spennare, poi ad ogni stazione donne e bambini vendono prodotti di ogni genere. Banane e pezzi di pollo e bustine di whisky, frittelle, bibite, noccioline, bruchi secchi e ai bruchi secchi mi fermo. Tutti sanno che il martedì si fanno affari e allora vale la pena andare alla stazione nonostante la pioggia e ciò che a loro sembra freddo imponga di indossare passamontagna, giacca a vento e stivali di gomma.
Parentesi non romantica. Il concetto di bagno non è per tutti lo stesso. Molto spesso i bagni zambiani consistono in una buca sulla quale vengono poggiati dei sacchi di sabbia per appoggiare i piedi. Altre volte consistono in buca e basta. Che comunque è molto meglio del bagno del treno. E' facile immaginare che le missioni al bagno siano state finora l'ostacolo maggiore a causa del buio e del movimento non proprio morbido del treno.Ma siccome c'è chi dice che lavarsi troppo fa male, mi sto concentrando a pensare ai benefici di questa che, a breve, dovrà diventare un'abitudine. Non oso pensare a come reagirebbero i miei capelli se, una volta scesa dal treno, dovessi per qualche motivo decidere di farla finita con le maschere notturne all'olio di argan. Tuttavia, qualunque abitudine adotterò una volta a terra, sarà costruttiva, o almeno la mia buona fede vorrà che sia costruttiva. Ma non posso garantire fin da ora il buon esito di tutti i miei propositi.


Ore 20 - In treno hai il tempo di scrivere quello che vedi e quello che ti pare di vedere; di pensare a dove scenderà mai il coniglio che insegui. Hai il tempo di rilassarti, di gustare del piacere della compagnia, della solitudine, del silenzio. Hai tempo pure di ricordarti quanto sia bello annoiarsi. Sinceramente? Scrivere sul treno mantenendo una calligrafia leggibile è da supereroi. E' evidente che sono ancora troppo giovane per aspirare ad un titolo del genere. Comunque. Nel sacco a pelo nella cuccetta B2 dello scompartimento C2 con il finestrino aperto si sta proprio bene. Fuori è buio ormai e non si vede la strada, ma il bello della cuccetta B2 dello scompartimento C2 del treno Kapiri-Dar è che è come se si vedesse. Ora la domanda è: mi sentirò ancora così fra 16 ore, ossia ad ancora 21 ore dall'arrivo?





3 commenti:

  1. aspetto il seguito....un abbraccio

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  2. ...le tue parole mi hanno proiettato prima in una dimensione magica poi su quel treno! Anch'io aspetto di proseguire questo viaggio!

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  3. mi piacciono molto i tuoi racconti , il tuo modo di scrivere ,il tuo humour ,...ti ho scoperto per caso oggi ..sono dei gemelli , vedi un pò tu .....

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