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sabato 14 giugno 2025

Parole che non si possono pronunciare, (presunti) peccati capitali e dichiarazioni azzardate: ieri avevo 25 anni

La sera hai 25 anni: figli a casa; scarpe da femmina, gin tonic, musica, idee spettinate; shorts come le pischelle, zero pensieri.

La mattina dopo, Cenere', la carrozza è una zucca e il mondo è crudele: “Girano i pidocchi”.

Un minuto di silenzio. Prurito.

Il mondo che si sbriciola sotto i piedi. Panico. Ansia. Prurito.

Controlli con lente di ingrandimento. Nulla. Tutto regolare, non siamo invasi. 

Sospiro di sollievo.

Ma siamo sicuri sicuri? 

Eh. Non è che qualcosa ci sfugge? Come si dice, Allah è grande, ma lega il tuo cammello.

Dunque operiamo.

Conosciamo la procedura: trattamento generale di ogni abitante della casa inclusi i pesci. Cambiare i letti. Buttiamo i pigiami. Facciamo bollire tutto il condominio per annientare il nemico.

Col prurito nel cervello. 

Ci sono parole che non si possono pronunciare. È come dire mojito e puff! ti catapulti sulla spiaggia al tramonto, con la musichetta di sottofondo come nei film. Mojito è una di quelle parole che si possono pronunciare così di rado onde evitare di fuggire dalla realtà troppo di frequente.

E poi ci sono i pidocchi. Se dici quella parola o la senti pronunciare, sei spacciato. E la vita non è più la stessa. 


Il cervello pizzica. Poi io sono una che certe cose le prende bene. 

Quindi anche se sono “pulita”, così come tutti noi pesci inclusi, una ventina di passate di pettinino me le merito. Alla fine è piacevole come il post cesareo, con la sola differenza che nessuno ti darà il Toradol.

Ma non è finita: proprio ieri, per la prima volta dal 3 novembre, ho dormito senza la cuffia di seta (il miglior acquisto del decennio). Ecco, questo è un segno del destino.

Ho capito tutto: questa è una punizione dell’universo. Devo aver commesso qualche peccato capitale ieri sera. Per forza. Qualcosa di brutto e di grave. Imperdonabile. E adesso lui mi dice: “Ti ho beccata, ti sorveglio, ti controllo. Che stai a fa'?”. Oddio. Chiedo perdono.

Come si può essere così ingrata, audace, colpevole, sfacciata, leggera? È una cosa seria, hai ragione. Però, mio caro universo, mentre sfodero i divani e conto i capelli che mi sono rimasti in testa dopo essermi flagellata da sola e senza motivo, ci stavo rimuginando su e ti volevo dire che non sono sicura di aver commesso niente di così grave ieri. E comunque, pure fosse, non me ne pento. Anzi, per dirla tutta, lo rifarei. Magari prima ti avviso così contrattiamo sull'espiazione. 

With love,

tua C.








sabato 10 maggio 2025

La mamma di mio figlio è vegana e altre questioni esistenziali che mi lasciano perplessa

"Il piatto preferito di mia madre è: carote e broccoli", scrive mio figlio sul lavoretto per la festa della mamma. Le carote poi. I broccoli, al limite. Ma le carote proprio bleah. E io sono una che mangia tutte le verdure. Ma le carote ai conigli. Eppure mio figlio pensa che siano il mio piatto preferito.

L'altro figlio, invece, mi diede voto 8 in "sportività" nella pagella per la festa della mamma di qualche anno fa. Ancora mi brucia. Quel 2 in "cucina", era allora ed è ancora oggi, meritatissimo e non lo contesto; mi stupisce il 10 in "guidare l'automobile" ma lo attribuisco al fatto che in macchina sbrocco e lui si diverte. Ma l'8 in "sportività" non lo accetto. 

Io, che mi sveglio alle 5 di mattina per fare yoga o pilates; che appena posso scappo a camminare; che faccio la spaccata in verticale e a testa in giù sto più comoda. Ero da 10 in "sportività". Ma non secondo mio figlio. Secondo lui sono da 10 in "guidare la macchina" (50.000 km in 8 anni). 

A questo punto mi chiedo: ma chi sono veramente per i miei figli? 

Chi siamo per gli altri? Di sicuro non quello che crediamo di essere. I miei figli, per esempio, non sanno che in questo istante in cui sto scrivendo mi sento in paradiso. Era una vita, davvero, che non tornavo qui. 

A scrivere, scrivo. Ma non certo "l'ultraterreno". Non ho più il tempo per cazzeggiare. È tutto un correre dietro al tempo; un dovere dietro l'altro; liste di cose da fare ogni giorno che non si possono rimandare. E l'ispirazione passa in secondo piano. Come se non fosse ossigeno. 

Ma oggi no. Oggi sto qui. E ciao. E penso, mentre scrivo. Rifletto su quelle cose a cui si pensa troppo poco, presi dalla vertigine dell'orario, prendi, porta, accompagna,  la riunione, il documento, i pesci, mangiamo sano, beviamo tanta acqua, merenda di frutta a scuola, struccarsi sempre, la raccolta differenziata, la lavatrice solo dopo le 8 altrimenti il vicino si sveglia, il latte, le uova, le carote. 

Chi sono per i miei figli? Chi sono per i miei alunni? Chi sono per i miei genitori? Chi sono per la cassiera del supermercato e per chi mi incontra per strada e mi sorride come se fosse felice di vedermi? Con che filtri mi vedono? Qual è la parte predominante di chi mi guarda al di là della mia scorza, se sono sportiva 8 e amo le carote 10? Perché non credo di essere io quella là.


E quante persone sono stata nell'arco della vita? Ribelle, pignola, perfezionista, ordinato/maniaca, in balia delle passioni, esteta, paranoica, telepatica, superstiziosa, fatalista, polemica. Ogni volta predomina qualche me. Poi litighiamo. Ma facciamo sempre pace.
Certo, quando andiamo di pari passo è tutto più semplice. Ma succede così di rado che non ricordo particolari periodi di equilibrio. Io. Tu. Noi. 


Ieri mi sono rimessa a leggere il blog e mi sono messa a piangere pensando a quando avevo il tempo e credevo di non averne. E quanto mi divertivo a scrivere. 

Amo la mia vita, eh. Però mi diverto meno, lo ammetto. Sono diventata "grande"? Aiuto. Però una cosa è rimasta: quello che pensano di me, mi frega sempre molto poco. Le scarpe mi piacciono sempre un mondo. Coi capelli vado d'accordo di rado. Adoro scrivere in rima ma, se lo faccio, poi penso in rima per giorni ed è difficile interagire con la gente. È rimasto pure che mi sfido di continuo. È rimasto che mi piace il rosa e mi fa schifo il lunedì. In più c'è che sono mamma due volte. E, visto quanto sono diversi i miei figli, forse hanno due mamme diverse. Che però sono sempre io.


Detto ciò, chiudo perché il dovere chiama e stare a casa facendo finta di non starci non è possibile con questi due teppisti. Anche perché, pure se mi hanno fatto venire i capelli bianchi (solo loro e l'anno di prova ci sono riusciti), li amo sopra ogni cosa. E, anche se la spensieratezza è morta, non tornerei indietro. Anche perché sono impegnata a rendere il mondo migliore per loro. 

Ieri mi sentivo stanca e svogliata,

perciò qui dentro mi sono rifugiata,

sono scappata dalla frenesia pensando: vabbè, adesso vado via.

Mi sono fatta un piantarello di nostalgia

e ho pensato: faccio una follia.

Cioè prendo un po' di tempo tutto per me

e arrivederci a te, a te e a te.

Non è questione di essere egoista,

ma non è giusto manco essere masochista.

Ho ricordato la gioia che mi danno le parole,

da sempre per me motivo di gaudio e furore.

Adesso che ho scritto il flusso di coscienza,

sento molto meno quell'insana impazienza;

mi sento persino un filo rilassata

oserei dire persino beata.

Ora, chi io sia per gli altri è ancora un mistero

ma se ci penso ancora, impazzisco davvero.

Aveva ragione l'amico Pirandello,

che, forse, così si è liberato dal fardello:

diceva che gli altri nulla sanno di noi

ma, visto che neanche noi ci conosciamo veramente,

tutta 'ste domande, alla fine, non servono a niente.