Questi sogni notturni non prendono vita nelle mie giornate ma io voglio dar loro una voce, cioè quella che stanotte mi è mancata. Ho capito subito la connessione astrale: devo scrivere un oroscopo che si chiama Le parole che non ti ho detto. Buona idea no?! Però devo ancora metabolizzare i messaggi cosmici celesti, quindi oggi racconterò un pezzetto di un viaggio strepitoso a bordo di un treno, viaggio che mi vedeva protagonista un anno fa e di cui ora sono il narratore numero 1. Sarà a puntate perché è un racconto lungo, ma prima della fine del mio racconto arriverà l'oroscopo Le parole che non ti ho detto. Ho deciso di alternare oroscopo a qualche altro concetto che mi frulla per la testa per due ragioni:
1) per non essere catalogata irrimediabilmente come astrologa a tempo pieno;
2) per non vivere troppo a briglia sciolta perché quando mi vieteranno di farlo lo accuserò meno.
Il viaggio in questione, indovinate un po', è ambientato in Africa. Ed è un viaggio di oltre 50 ore che inizia dallo Zambia e finisce in Tanzania. In realtà non finisce e ve lo dimostrerò. Si chiama Vampirimposhi e il perché non lo so manco io. Però mi sembrava un bel modo per inaugurare il quadernino che avevo a disposizione. C'è una piccola premessa da fare:
Non è stato facile per
me prendere e salire su quel treno. Non parlo di una freccia rossa qualsiasi che in tre ore
ti recapita da Roma a Milano che nemmeno hai finito di leggere il giornale. Ma
di uno di quei treni africani, che non sai con quante persone – ohmiodio –
dividerai lo scompartimento, quando arriverai e se mai lo farai, che tipo di
animali domestici troverai in corridoio e quale sarà la condizione del bagno.
Dubbi legittimi. Io, occidentale vagamente viziata e esasperatamente
claustrofobica, su un treno così non volevo salire. Avrei voluto essere
contenta di farlo come tutti quelli che lo facevano, ma ero assorta nel più
profondo silenzio, speranzosa che per qualche ragione il treno non partisse
più. In Africa succede sempre. Che pensi una cosa e succede il contrario. E
alla fine gli orari gli appuntamenti e tutto il resto sono sempre un terno al
lotto, perché i programmi cambiano con molta più facilità e non c’è ragione per
cui la gente si arrabbi. “Ci scusiamo con i gentili viaggiatori, ma il treno,
per supreme ragioni divine, non partirà. Per tutti i gentili viaggiatori la
compagnia Tazara ha prenotato un volo di linea che in tre ore vi porterà a
destinazione”. Invece niente. Quel giorno in Africa tutto funzionava. E con lo
zaino sulle spalle, con il peso della prigionia che incombeva sulla mia giovane
età, ero in coda ad aspettare di salire nei vagoni di prima classe. I
viaggiatori di seconda e terza classe sarebbero saliti altrove e solo Dio sa
dove avrebbero messo tutti i loro bagagli. Più che spostamenti da un luogo ad
un altro i loro sembrano veri e propri traslochi da un pianeta all’altro. Niente
valigie, poi, solo buste e scatoloni e buste e bambini con bustine e piccole
scatole. La questione viaggiare leggeri o solo con il bagaglio a mano, per me tanto essenziale, a quanto pare per loro è
solo una stronzata. Beati. Sì, beati loro. Che, ormai lo sanno
tutti, non hanno nemmeno un centesimo di quello che tu hai e sono milioni di
volte più felici di te. Rassegniamoci. Il progresso ci ha fottuti.
Salire sul treno ormai si deve, se non altro per imitarli e magari ottenere
un pezzetto di quella felicità inspiegabile che a noi sembra ogni giorno più irraggiungibile.
Impazzirò, pensavo.
E lo farò prima di tuffarmi nell’Oceano Indiano.Impazzita, poi, non
sono impazzita. Mi sono messa a scrivere e a farlo con la stessa cautela che si
usa quando ci si avvicina ad una persona imprevedibile, con la libertà di saltare
da un argomento all’altro, con la cautela di qualcuno che cerca di essere
convinto di fare qualcosa, ma non sa cosa sta facendo. Una cautela sincera, che
poi ha lasciato il posto al delirio del rumore, al silenzio dei pensieri più
intimi, alla delicatezza di un amore comune, alla condivisione di una bellezza
abbagliante. All’assurdità di
un’ambizione che prende vita e che non riesci più a fermare. E tu non c’entri
più niente, perché lei cammina con le sue gambe e tu non ne hai più bisogno, di
lei, perché non ti servono altre conferme. La conferma è stare sul treno a
scrivere per 50 ore. A capire il valore del tempo che ultimamente se ne va via
più veloce. E non lo hai scritto, non lo hai danzato, non hai cercato di
fermarlo in nessun modo. La certezza è scendere sapendo che si è rimasti là, a
farsi innamorare dalle strane idee da supereroi che non hanno bisogno di
ali per volare.
Vampirimposhi
07.12.2010
Kapiri Mposhi - Zambia. Sul treno. Destinazione
Dar es salaam. Il treno ci ha appena portato fuori dalla realtà. Tutto questo è
claustrofobico e insensato. Come si può decidere di fare una cosa del genere?
Avrei benissimo potuto scegliere di prendere un aereo e arrivare a
Stone Town in un'ora. Godere di due giorni in più di Oceano Indiano
invece che scegliere di accamparmi su un treno per due giorni. Che poi è il tempo che
dovrebbe metterci sulla carta. La realtà, poi, è un'altra cosa. Soprattutto
qua. Ciò significa che si potrebbe scendere anche dopo 60 di ore, o 55, o 49.
Ecco cosa cambia quando sei in Africa: che 44 ore, o 47 ore, o 60 ore, 50 ore,
sono più o meno lo stesso. Cambia che le grandi cose sembrano sfumature e le
sfumature grandi cose.
Scenderò dal treno
giovedì - inshallah - e scenderò diversa. Nel frattempo Fausto mi
penserà preoccupato. Non vedrà l'ora che lo chiamerò per dire "tutto
ok". Passerà queste ore a documentarsi su internet sulla qualità dei treni
zambiani e probabilmente resterà deluso. Ma non si può essere tutti contenti
nello stesso momento. Me ne sono fatta una ragione anche io. E pensare che il viaggio per
Zanzibar è il loro regalo di compleanno. Sono certa che ora
pensa a quanto sarebbe stato più saggio anche se meno solidale regalarmi una
handbag di coccodrillo.
Questo non ha importanza, quello che importa è che stiamo in
treno, sulla linea Tazara per la precisione, che percorre un totale di oltre 1.800 km
da Kapiri Mposhi in Zambia a Dar Es Salaam in Tanzania (da qui la sigla tazara
Tanzania Zambia). Costruita nei primi anni ‘70, è stata la principale via per
l'esportazione del rame estratto in Zambia. Poi, con la caduta del regime dell’apartheid
in Sudafrica, molto di questo traffico è stato dirottato verso i porti
meridionali del continente. Dopo circa
2 ore di viaggio, mi sento assai frastornata. Soprattutto dal saluto con Mongu, capitale della western province zambiana
dove ho lavorato per un anno in attività di sensibilizzazione su tematiche
ambientali nelle scuole e nelle stazioni radio all'interno di un progetto ambientale dell'organizzazione Celim finanziato dal Ministero degli Esteri.
Riciclaggio creativo,
era questa la mia missione laggiù. Io e un team superfigo insegnavamo ai bambini come fare i giocattoli
con la carta dei biscotti e con le scatole dei cellulari. Scrivevo favole che
raccontavano di alberi magici e strepitosi per convincere quegli adorabili
bambini scalzi a rispettare la natura. Raccontavo loro che in Italia non ci
sono i leoni e nemmeno le scimmie: questa notizia triste li faceva ammutolire.
Spiegavo loro che è per via del clima differente che quegli animali in Italia
non ci vivono bene. Ma le associazioni di idee dei bambini sono molto più
interessanti di quelle degli adulti. Ma sono anche molto più difficili da
modificare. Per loro io ero la bianca che vive in un paese noioso senza ruggiti
notturni. E poi quella che implora di non lanciare le bottiglie vuote in mezzo
alla strada. Morale: per paura che i leoni potessero sparire dallo Zambia
pulivano la scuola e anche il cortile di casa. I professori mi erano grati per
aver ampliato quelle giovani vedute e volevano che andassi a scuola ogni
giorno. Io spiegavo che non era possibile, ma che sarebbe stato compito loro
continuare a coltivare quel promettente buonsenso. Loro mi davano ragione. Fine
della questione. (Per i più motivati o per chi vuole capire meglio di cosa parlo, consiglio un video che per il momento non riesco a caricare, ma che riuscirò a caricare presto. Senz'altro prima dell'oroscopo).
Un anno vola, ma ti lascia il tempo di insediarti anche se in un posto assurdamente sabbioso,
incredibilmente isolato, popolato dai lozi che vogliono rendersi indipendenti
dal resto del paese. Prima di lasciare Mongu ho nascosto le lacrime nella
fretta di chiudere le valigie senza farle esplodere. Ho cercato l'equilibrio
nel delirio di un arrivederci fatto di doni e promesse. Ho trovato solo il posto nella valigia per portare
con me la gonna da makishi che Zizu, grado 8 della scuola di Kalangu, mi ha
regalato per il compleanno. E' già qualcosa.
Follow the rabbit. Il
treno Kapiri-Dar parte una volta a settimana. Tutti i martedì, oltre al treno,
si mette in moto una dimensione parallela: si comincia dalla stazione dei bus
di Kapiri-mposhi dove tutti i tassisti cercano il più attraente mukua (uomo bianco) da spennare,
poi ad ogni stazione donne e bambini vendono prodotti di ogni genere. Banane e
pezzi di pollo e bustine di whisky, frittelle, bibite, noccioline, bruchi
secchi e ai bruchi secchi mi fermo. Tutti sanno che il martedì si fanno affari
e allora vale la pena andare alla stazione nonostante la pioggia e ciò che a loro
sembra freddo imponga di indossare passamontagna, giacca a vento e stivali di
gomma.
Parentesi non romantica. Il concetto di bagno non è
per tutti lo stesso. Molto spesso i bagni zambiani consistono in una buca sulla
quale vengono poggiati dei sacchi di sabbia per appoggiare i piedi. Altre volte
consistono in buca e basta. Che comunque è molto meglio del bagno del treno. E'
facile immaginare che le missioni al bagno siano state finora l'ostacolo
maggiore a causa del buio e del movimento non proprio morbido del treno.Ma siccome c'è chi dice che lavarsi troppo fa
male, mi sto concentrando a pensare ai benefici di questa che, a breve, dovrà
diventare un'abitudine. Non oso pensare a come reagirebbero i miei capelli se,
una volta scesa dal treno, dovessi per qualche motivo decidere di farla finita
con le maschere notturne all'olio di argan. Tuttavia, qualunque abitudine
adotterò una volta a terra, sarà costruttiva, o almeno la mia buona fede vorrà
che sia costruttiva. Ma non posso garantire fin da ora il buon esito di tutti i
miei propositi.
Ore 20 - In treno hai il
tempo di scrivere quello che vedi e quello che ti pare di vedere; di pensare a
dove scenderà mai il coniglio che insegui. Hai il tempo di rilassarti, di
gustare del piacere della compagnia, della solitudine, del silenzio. Hai
tempo pure di ricordarti quanto sia bello
annoiarsi. Sinceramente? Scrivere sul treno mantenendo una
calligrafia leggibile è da supereroi. E' evidente che sono ancora troppo
giovane per aspirare ad un titolo del genere. Comunque. Nel sacco a pelo
nella cuccetta B2 dello scompartimento C2 con il finestrino aperto si sta
proprio bene. Fuori è buio ormai e non si vede la strada, ma il bello
della cuccetta B2 dello scompartimento C2 del treno Kapiri-Dar
è che è come se si vedesse. Ora la domanda è: mi sentirò ancora così fra
16 ore, ossia ad ancora 21 ore dall'arrivo?
aspetto il seguito....un abbraccio
RispondiElimina...le tue parole mi hanno proiettato prima in una dimensione magica poi su quel treno! Anch'io aspetto di proseguire questo viaggio!
RispondiEliminami piacciono molto i tuoi racconti , il tuo modo di scrivere ,il tuo humour ,...ti ho scoperto per caso oggi ..sono dei gemelli , vedi un pò tu .....
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